Passeggiando tra Via della Gatta, Via del Pié di Marmo e Piazzetta San Marco si respira un’atmosfera magica , che conferma come Roma sia ancora oggi la città del mistero, dell’occulto, dei riti iniziatici, dei miti e delle antiche divinità. Questa è la zona dove anticamente sorgeva l’ Iseo Campense, area egizia dell’Urbe, ossia Il tempio di Iside in Campo Marzio, costruito a Roma tra i Saepta Iulia e il tempio di Minerva nel 43 a.C. Il “Santuario” era dedicato alla dea Iside – la Dea Madre, la donna luna, l’archetipo della femminilità – e al suo consorte Serapide, divinità importate a Roma dall’Egitto all’inizio dell’Impero (I sec.a.C.). Nascoste allo sguardo e di difficile decifrazione, ci sono in questi vicoli e piazzette numerose tracce dell’antico luogo di culto, simboli che ci riportano ai rituali magici e ai misteriosi riti di iniziazione che qui avvenivano. Frammenti di statue, busti di donne, obelischi e perfino una gatta… Se alzate gli occhi al cielo e guardate verso il cornicione di Palazzo Grazioli, all’angolo con Via della Gatta (Siamo a 100 metri da Piazza Venezia), vedrete una gatta in marmo a grandezza naturale, che dall’alto, non vista, sembra sorvegliare sui passanti, con la bocca aperta, come se stesse miagolando per attirare l’attenzione su di lei. L’insolita presenza del felino, amato dai Romani e legato al culto di Iside, qui ha una doppia origine leggendaria. La prima è in ricordo di una gatta vera, che avrebbe dato l’allarme per un bambino che si sporgeva pericolosamente dal cornicione, miagolando al punto da attirare l’attenzione dei passanti e della madre, permettendole così di salvarlo da morte certa. La seconda leggenda, più suggestiva, che si perde nella notte dei tempi, riguarda la storia di un tesoro che sarebbe seppellito esattamente alla fine della traiettoria dello sguardo felino, lì dove questo tocca terra vi sarebbe, sotto il manto stradale, uno scrigno pieno di monete d’oro, d’argento e gioielli. Tesoro lasciato chissà da chi e chissà perché, ma controllato e custodito gelosamente dallo sguardo della placida micia.