A cura di Giulia Ruas
Gustav Klimt (Vienna, 1862 – 1918) è stato il fondatore e uno dei più grandi esponenti della Secessione Viennese (Wiener Secession), un’associazione di diciannove intellettuali, tra cui architetti e artisti di vario genere, che intrapresero una strada autonoma, libera dal pensiero accademico viennese degli anni Trenta (la Secessione fu fondata ufficialmente a Vienna nel 1907). La finalità che si prefiggeva il movimento fu quella di rielaborare un’opera d’arte totale (Gesammtkunstwerk) che andasse ad unire architettura, scultura, pittura e design: una nuova espressione artistica in grado di affrancarsi dalla tradizione
accademica seguita maggiormente al tempo. Tra i più alti esponenti, oltre a Klimt vi furono Egon Schiele, Josef Hoffmann, Otto Wagner e Joseph Maria Olbrich. Atto fondativo del gruppo fu la rivista Ver Sacrum, “Primavera sacra”, pubblicata per la prima volta nel 1898: fondata dallo stesso Klimt e da Max Kurzweil,la quale fu inoltre l’organo ufficiale della secessione viennese. Nonostante una durata di appena cinque anni (Ver Sacrum concluse infatti le pubblicazioni nel 1903), ebbe un forte impatto nel mondo dell’arte, ridefinendo nuovi stili per la grafica editoriale e la composizione tipografica, e fu fondamentale per il successivo sviluppo dell’Art Nouveau e dello Jugendstil.
Klimt fu tra i più grandi animatori della scena culturale del suo tempo, e la sua arte affrontò i temi più svariati: figure, soggetti allegorici, paesaggi, nudi femminili, temi religiosi, ritratti.
Inoltre, Klimt fu anche decoratore, disegnatore, mosaicista, ceramista, litografo.
Un artista estremamente versatile e oggi molto apprezzato dal pubblico che continua a essere affascinato dalle sue opere ricche e preziose, votate al decorativismo, pervase dalle tipiche tensioni fin-de-siècle, debitrici nei confronti della storia dell’arte, dai mosaici bizantini di Ravenna (che Klimt vide di
persona e apprezzò) all’arte dell’antica Grecia, dalle incisioni di Dürer all’arte giapponese.
Grazie ad un viaggio in Italia, in particolare a Ravenna, avvenuto nel 1903, il famoso artista ebbe la possibilità di mettersi in contatto e vedere dal vivo gli importanti mosaici bizantini della città. Da questo viaggio trasse molte ispirazioni per le opere successive, che furono infatti caratterizzate dall’uso dell’oro e dallo sfarzo: questi dipinti infatti definiranno il periodo “aureo” o “dorato” dell’artista. Opere frutto di questo periodo rappresentano ad oggi importantissimi lavori del maestro, troviamo per esempio: Il bacio (1907-08), Giuditta I (1901), L’albero della vita(1905-1909). Con la seconda versione di Giuditta nel 1909, Klimt abbandonò il periodo aureo, e superato quest’ultimo l’artista entrò in conflitto con il movimento da lui stesso fondato, decidendo successivamente di abbandonare il gruppo per divergenze di vedute e di avvicinarsi ai
Laboratori Viennesi dove lasciò definitivamente la delicatezza e la graziosità delle linee secessioniste passando ad una linea più marcata e grezza, ad un uso del colore più sgargiante, per il quale trasse spunti anche dalle nuove avanguardie presenti sulla scena contemporanea, come gli impressionisti o gli espressionisti. Tra i temi ricorrenti del celebre maestro vi è l’attenzione particolare verso il mondo femminile. Numerose sono le rappresentazioni di figure femminili che trasudano sensualità e lussuria; le “femme fatale” che rappresenta sono donne lucenti, arricchite da ori e dallo sguardo inquietante che intimorisce e lascia abbagliato. La donna in Klimt è protagonista e raffigura l’emblema della femminilità. Il suo massimo interesse verso questo mondo culmina con la creazione
di opere come “Giuditta I” (1901) e “Giuditta II” (1909).
Nel dipinto “Giuditta I”, Klimt utilizza come solito fare un linguaggio tipicamente simbolista e decorativo, inserendo anche con l’oro che dona all’opera ancora più sfarzo e lussuria. La figura rappresentata è una donna crudele e potente che tiene tra le braccia la testa di Oloferne, suo amato. La testa di quest’ultimo è rappresentata solo di scorcio mentre la figura della “femme fatale” predomina la scena sottolineando la sua maestosità e imposizione. Nella famosa tela “Giuditta II”, la figura è rappresentata in tutta la sua altezza, accentuando ancora di più, rispetto la prima versione, la verticalità del dipinto. Il volto della donna questa volta è rappresentato quasi di profilo, qui la donna è nuda e scopre il seno che esce dalle sue decorate vesti. La modella da cui prese ispirazione per dipingere queste due versioni fu Adele Bloch-Bauer, musa preferita del pittore. Il loro rapporto lavorativo e forse affettivo iniziò quando il marito di Adele commissionò al pittore il ritratto della sua amata. Da quel momento diventò la musa ispiratrice del maestro diventando così la protagonista di molte opere celebri tra cui “Il Bacio”, una delle opere più importanti e note di tutta la storia dell’arte.