A cura di Giulia Raus
È UNA STORIA DI ARTE E COLLEZIONISMO QUELLA RACCONTATA DALLA MOSTRA AL
PALAZZO BONAPARTE DI ROMA, CHE RIUNISCE LE OPERE DI VINCENT VAN GOGH
CONSERVATE DAL KRÖLLER-MÜLLER MUSEUM DI OTTERLO
Non è detto che un nucleo omogeneo di opere provenienti da una sola sede museale vanti
un’eccellente qualità. Ma capita che il conoscitore che quella raccolta ha messo insieme sia stato un protagonista del collezionismo internazionale: è il caso di Helene Kröller Müller, che tra il 1907 e il 1939, con suo marito Anton, ha acquisito diverse migliaia di pezzi, tra cui una preziosa quarantina di capolavori che Vincent van Gogh (Zundert, 1853 ‒ Auvers-sur-Oise, 1890) ha realizzato nel corso della sua breve vita. Il corpus, poi confluito nel museo di Otterlo, è in mostra nei saloni di Palazzo Bonaparte a Roma e testimonia l’intera parabola espressiva dell’artista.
L’occasione è quella del 170esimo anniversario dalla sua nascita.
Il taglio semplice e didattico orienta tra le sale un po’ troppo oscure con tabelloni crono-geografici per i meno esperti e strumenti audiovisivi che danno parola alle tante lettere di Vincent a Theo e agli amici: riflessioni sul lavoro, sui mutevoli stati d’animo e sull’amore disperato e inespresso verso la realtà circostante, in un florilegio di dolori e passioni che spezza il cuore. La scelta specialissima di dipinti e opere grafiche, mentre racconta di una colta e consapevole filantropia, aiuta a porre in discussione alcuni luoghi comuni su Van Gogh, il primo dei quali guarda alle sue opere come diretta espressione di una mente disturbata e di una vita tragica.